Quando la Principessa incontra il Principe Azzurro. Il complesso di Cenerentola e quello del Cavaliere bianco

Quando Cenerentola incontra il Principe Azzurro è subito amore e, come dice la favola, vissero tutti felici e contenti!
Nella realtà le cose non sono altrettanto semplici e non sempre finiscono per andare così bene!
Cenerentola, la protagonista femminile della famosissima fiaba, rappresenta il prototipo della donna che, di fronte alle difficoltà e agli ostacoli della vita, invece di attivarsi ed esternare le proprie risorse e capacità personali, resta passivamente in attesa di un partenr che venga in suo aiuto.
Il complesso di Cenerentola, dal libro di Colette Dowling del 1982, descrive l’incapacità di molte appartenenti al gentil sesso, a causa di una paura segreta ed inconscia, di essere indipendenti e la tendenza a cercare sostegno ed appoggio in un uomo che si prenda cura di loro e le protegga.
Si tratta di donne che nella loro vita finiscono per assumere costantemente una posizione subordinata rispetto al partner, vivendo in uno status di inferiorità e sottomissione a lui.
Bisognose e dipendenti dalla relazione con l’altro, non sono in grado di funzionare autonomamente, di prendersi cura di sé stesse e dei propri bisogni, di realizzarsi personalmente e professionalmente, non di rado limitando la propria identità al ruolo di compagna e, al massimo, di madre.
Possono, insomma, essere o diventare ‘qualcuno’ solo accanto al loro uomo e in funzione di lui.
Quando, per un motivo o per un altro, la relazione finisce queste donne avvertono immediatamente la necessità di avere vicino un altro compagno che, poi, scelgono con le stesse caratteristiche di quello precedente.
Il partner viene fortemente idealizzato come il Principe Azzurro ed il problema è che ci sono uomini che incarnano esattamente tale mito.
Parliamo, in questo caso, del complesso del Cavaliere Bianco, caratterizzato dalla tendenza di alcuni rappresentanti del genere maschile a cercare, e a legarsi con, donne come quelle sopra descritte, che, sofferenti e continuamente nei guai, hanno bisogno di essere ‘salvate’.
Chi ha tale complesso si attiva per soccorrere apparentemente senza alcun tornaconto personale; possiede un animo buono e gentile, potremmo dire.
Tuttavia, il comportamento da prode e valoroso ‘cavaliere’ o da romantico ‘principe azzurro’, appaga per prima la persona stessa che lo mette in atto soddisfacendo i suoi più intimi e forti bisogni di attenzione e considerazione.
Parliamo di soggetti insicuri e con bassa autostima che, attraverso l’aiuto all’altra, si sentono importanti, apprezzati e desiderati.
Il ritorno emotivo, per l’individuo stesso, appare, insomma, considerevole.
In questi casi, l’uomo, spesso, chiede implicitamente alla partner gratitudine e riconoscenza eterna per ciò che fa e, non di rado, pretende di essere da lei ricambiato da un punto di vista affettivo.
La coppia va avanti per un patto tacito e sottointeso, di natura inconscia, e, al suo interno, si crea un pericoloso incastro relazionale del tipo vittima – salvatore, incastro che finisce per confermare e rafforzare la dipendenza della donna dall’uomo.
In tal caso la donna diventa vittima del partner, dei ricatti emotivi, della manipolazione e svalutazione di un soggetto fortemente ed abilmente narcisista.
Un eventuale rifiuto della donna non viene accettato e tollerato da questo tipo di uomini che possono prontamente trasformarsi in persone violente e/o in pericolosissimi stalker.
L’idealizzazione iniziale reciproca, responsabile di una percezione distorta e non realistica dell’altro, si scontra con la realtà dei fatti.
Le cause sono indubbiamente, oltre che soggettive e personali, culturali, sociali e religiose ed affondano le radici nell’educazione e nell’esistenza di stereotipi di genere ampiamente diffusi e condivisi.
In quest’ottica appare importante, nel crescere i figli, trasmettere loro i valori dell’uguaglianza e della parità tra i sessi.
Occorre insegnare alla bambina che ha risorse sufficienti per provvedere a se stessa e capacità su cui può contare per far fronte alle difficoltà della vita e che, tanto lei quanto il suo coetaneo maschio, non nascono indipendenti ma lo diventano attraverso esperienze ambientali positive che favoriscono lo sviluppo dell’individuazione e dell’autodeterminazione personale.
E’ indispensabile far capire che non dobbiamo cercare la nostra metà nella relazione: ognuno di noi ha il compito evolutivo di divenire un essere completo ed autonomo (e per autonomo non intendo assolutamente chi non ha mai bisogno dell’altro!) e la coppia dovrebbe divenire lo spazio dove il sostegno e l’appoggio sono reciproci (e non sbilanciati e subdoli strumenti di potere di uno dei due sull’altro) nonché l’occasione di un mutuo arricchimento, conseguenza questo dell’incontro e del rispecchiamento della complessità ed unicità dei due che ne fanno parte.

Dott.ssa Cinzia Cefalo

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