La sindrome di Highlander, detta anche dell’immortalità, prende il nome da un celebre film degli anni ’80 interpretato, tra gli altri, da Christopher Lambert e Sean Connery.
Se in medicina la Sindrome di Highlander si riferisce a un ritardo nella crescita che fa sì che una persona adulta rimanga con le sembianze di un bambino, in psicologia, pur non trattandosi di una vera e propria psicopatologia, descrive soggetti over 40, sempre più spesso addirittura settantenni ed ottantenni, che praticano, in modo ossessivo e maniacale, l’attività fisica, persino agonistica, con l’idea, così, di mantenersi o tornare giovani.
Si tratta di veri e propri irriducibili dello sport, spesso professionisti ed atleti che non ne vogliono sapere di appendere le scarpette al chiodo, ma anche individui fino ad allora sedentari e non sportivi che improvvisamente decidono, in età matura, di dedicarsi assiduamente ed intensamente all’attività sportiva.
Questi soggetti mostrano una forte tendenza alla competizione, un’attenzione esagerata per il wellness e una ricerca ossessiva della forma fisica, aspetti che finiscono con il tradursi in una passione estrema e, pertanto, pericolosa per lo sport.
Gli highlander in questione sono fissati per la corsa, assidui frequentatori di palestre, instancabili gareggiatori; si espongono ad un eccesso di sforzo e di attività fisica, molto spesso senza prima consultare un medico o sottoporsi agli opportuni e necessari esami ed accertamenti; minimizzano sintomi, disturbi e problemi attuali o pregressi, sovrastimando le proprie capacità ed ignorando i propri limiti fisici; vanno, infine, incontro a gravi rischi e conseguenze per la salute (ictus, infarti, incidenti di ogni tipo, ecc..).
In una società dove invecchiare assume solo connotati negativi di perdita e deterioramento, non è sicuramente facile accettare il tempo che passa.
Tali individui, tendono a rifiutare la realtà e a restare, non di rado, nostalgicamente ancorati al passato, non cogliendo ed ottimizzando occasioni e potenzialità che il presente offre loro.
Non si può negare che lo sport abbia un’attività benefica ad ogni età e che svolga un ruolo positivo su aspetti fisici, psichici, cognitivi e relazionali anche nella persona che invecchia.
Tuttavia è necessario adattare l’attività fisica alle specifiche esigenze del soggetto tenendo conto della sua età e del suo stato di salute.
Alcuni sport si rivelano, inoltre, meno adatti di altri o da compiere con più attenzione e moderazione con la supervisione di medici ed esperti.
Dott.ssa Cinzia Cefalo
