Dal latino ablutio cioè lavaggio, il termine ablutofobia indica la paura persistente, irrazionale ed immotivata di lavarsi. Il soggetto che ne soffre prova angoscia, terrore e repulsione nell’entrare in contatto con l’acqua, ma spesso anche con i prodotti d’igiene personale come sapone, detergenti, ecc..
In altre parole l’ablutofobico sperimenta disagio e difficoltà nel farsi un semplice bagno o una doccia. Nei casi più estremi arriva addirittura a non lavare le mani per anni.
L’ablutofobia è una fobia specifica che scatena ansia ed attacchi di panico e conduce chi ne è affetto a rituali ossessivi e strategie di evitamento dell’oggetto, l’acqua, e della situazione temuta, il lavarsi.
Si tratta di un disturbo che provoca serie conseguenze a livello igienico e sanitario con il rischio per l’individuo di contrarre infezioni e malattie anche gravi.
Oggi, in un periodo di pandemia, il lavaggio accurato e ripetuto delle mani fino alla loro disinfezione è, ad esempio, una delle misure di prevenzione del contagio da SARS-Cov-2. Un atteggiamento fobico che ignori tale indicazione può mettere fortemente a rischio di contrarre un virus tanto pericoloso da rivelarsi per alcuni mortale.
L’ablutofobia ha, inoltre, importanti ripercussioni nella vita quotidiana della persona con un impatto notevole sulle relazioni con gli altri nell’ambito familiare e nei contesti lavorativi e/o di studio.
La ricerca evidenzia una maggiore frequenza di tale problematica nelle donne rispetto che negli uomini. Nei bambini è, spesso, frequente un’avversione per l’acqua e per le operazioni di detersione ma tale comportamento finisce con il divenire problematico e patologico solo se eccessivo, pervasivo e persistente nell’adolescenza e nell’età adulta.
Tra le cause alla base del disturbo si annoverano in alcuni casi eventi traumatici come incidenti o annegamenti nel passato.
Per tutto quanto sopra detto si rende necessario intervenire con un adeguato trattamento psicoterapeutico che permetta al soggetto di affrontare e risolvere efficacemente il problema.
Dott.ssa Cinzia Cefalo
