Dall’inglese ‘mind’ mente e ‘to wander’ vagare, mind wandering significa letteralmente vagabondare con la mente.
Il termine indica lo stato mentale spontaneo, involontario ed automatico tipico del pensiero errante.
In altre parole si tratta del comune e piuttosto frequente ‘sognare ad occhi aperti’.
A tutti noi è capitato, almeno una volta, di distogliere e spostare il focus dell’attenzione dalle cose che stavamo facendo e, senza accorgercene, di assentarci e di divagare perdendoci in pensieri lontani. In quegli attimi ci si distrae completamente dalla realtà e può succedere di temporaneamente trascenderla spiccando con la mente il volo nella fantasia.
Ci succede quando siamo tristi, nei momenti più riflessivi, in condizioni di sonnolenza o di fronte a pochi input sensoriali ma anche normalmente durante il lavoro, lo studio o lo svolgimento di un compito di qualsiasi natura, magari particolarmente difficile, pesante e/o noioso.
Questa condizione, apparentemente inutile e perfino dannosa, svolge, invece, l’indispensabile funzione di mettere il cervello a riposo permettendogli di recuperare capacità, energie ed informazioni.
Vagabondare con la mente, inoltre, sembra abbia un ruolo importante nella soluzione di problemi non immediati e nello svolgimento di compiti futuri in quanto consentirebbe e faciliterebbe le attività di previsione ed incubazione delle idee.
Alla base del mind wandering ci sarebbe, infatti, una condizione di flessibilità e fluidità dell’attenzione necessaria ed utile sia per l’attività di programmazione delle azioni che per il problem solving creativo.
Una propensione smisurata al mind wandering, tuttavia, potrebbe provocare serie difficoltà attentive con gravi ripercussioni sui processi di memorizzazione e di apprendimento e, di conseguenza, sulla performance del soggetto. Se, poi, il mind wandering finisce per assumere connotazioni negative, di tipo ansiose, con caratteristiche più simili a un rimuginio invasivo ed ossessivo, la persona non farebbe altro che disperdere, in modo disfunzionale ed inefficace, anche se involontario, le proprie energie e risorse. All’estremo, uno stato di mind wandering spropositatamente attivo, sconfinante in una condizione di eccessivo distacco dall’esterno, potrebbe, infine, condurre ad inficiare l’esame di realtà e la capacità dell’individuo a rapportarsi e ad adattarsi adeguatamente all’ambiente circostante.
Dott.ssa Cinzia Cefalo
