In questi giorni circolano on line molti articoli sugli Hikikomori, alcuni dei quali assurdi, privi di senso e di cattivo gusto, scritti da persone evidentemente poco competenti e preparate su un argomento tanto complesso e delicato.
Mi sono ritrovata a leggere frasi agghiaccianti che, nell’attuale condizione di segregazione da Coronavirus, accumunano, per una crudele, a loro detta, ironia della sorte, tutti noi costretti alla reclusione forzata in casa a quei ragazzi che si sono ritirati spontaneamente, per propria scelta e a causa di difficoltà ed incapacità personali, dalla vita sociale, che vivono chiusi in casa nell’isolamento più totale e nel rifiuto ed evitamento di qualsiasi contatto con gli altri, persino dei familiari.
C’è chi parla di rivincita degli Hikikomori e chi ci descrive come un paese ormai di Hikikomori. Alcune affermazioni, alquanto insensate ed aberranti, recitano “hanno vinto gli Hikikomori” o “diventeremo tutti degli Hikikomori”.
Non dovrebbe essere necessario ribadire che chi si isola oggi di fronte al pericolo Covid.19 non è affatto un Hikikomori e non ha nessuna probabilità di diventarlo, se non per problematiche personali già esistenti, esclusivamente a seguito delle misure imposteci per il contenimento del contagio dal virus!
Altra questione affrontata in modo poco e niente corrispondente alla realtà è quella del contagio: gli stessi articoli sostengono che gli Hikikomori saranno gli unici che non prenderanno il virus, cosa questa non affatto vera visto che la trasmissione del virus, per quanto sicuramente meno probabile rispetto a chi continua a mantenere un ben più elevato numero di contatti interpersonali, potrebbe avvenire tramite i familiari che vivono con loro. Inoltre, molte volte, tali soggetti possiedono, proprio a causa del lungo periodo di isolamento volontario in cui si trovano da anni, difese immunitarie meno allenate, ridottesi nel tempo e perciò meno in grado a far fronte a situazioni del genere.
In ogni modo, la domanda a cui ci interessa rispondere in questo articolo è :” Come stanno vivendo gli Hikikomori il momento dell’attuale emergenza?”
Le reazioni, è ovvio, dipendono da persona a persona e, a volte, sono diverse e contraddittorie anche nello stesso individuo.
La difficile e delicata condizione che ci troviamo a vivere oggi non può non essere anche per gli Hikikomori, come d’altronde per il resto della popolazione, fonte di stress, angoscia e preoccupazione. È probabile, dunque, un aumento, pure tra di loro, di ansia e depressione.
L’attuale situazione di fobia, panico e psicosi collettiva porta, anche questi soggetti, già tanto psicologicamente complessi e fragili, a stare peggio trovando conferma e rinforzo alle loro paure, alla loro percezione negativa e pessimistica della realtà e alla convinzione della necessità di ritirarsi ed isolarsi per difendersi e salvaguardarsi. L’idea, in caso di contagio, di dover andare in ospedale, esperienza ancora più stressante e traumatica per tali individui, è, per molti di loro, totalmente inaccettabile e viene dai più categoricamente rifiutata a priori.
In un periodo di restrizioni e limitazioni, alcuni Hikikomori si vedono costretti a rinunciare anche a quelle poche attività che riuscivano fino ad allora a svolgere o che, con impegno, fatica e sforzo, avevano ripreso perdendo, in questo modo, quelle poche occasioni, non ancora perse o appena riconquistate, di ancoraggio e legame alla realtà esterna e, vedendosi, quindi, in quest’ultimo caso, regredire senza nessuna intenzione e volontà da parte loro. Sarà estremamente difficile e faticoso per loro, una volta passato tutto, riprenderle e recuperarle.
D’altra parte, però, alcuni Hikikomori dichiarano, nonostante le preoccupazioni e i timori legati a circostanze di vita surreali e drammatiche, di stare, da un lato, persino meglio di prima.
Queste affermazioni, contraddittorie e paradossali solo in apparenza, sono comprensibili e spiegabili in termini di riduzione del gap, ossia del dislivello e divario comportamentale ed esistenziale, tra loro ed il resto della popolazione. In altre parole le altre persone vengono, ora, percepite come più simili e vicine al loro modo di vivere, anche loro con limiti, problemi e difficoltà che le costringono a stare in casa. Il confronto con gli altri fa loro, nel periodo che attraversiamo, meno paura!
C’è anche da dire che, in questi giorni, gli Hikikomori che decidessero di tornare ad uscire di casa farebbero sicuramente meno fatica ad evitare i contatti sociali, loro cruccio principale quotidiano, visto che in giro c’è molta meno gente. Un mio paziente mi riferiva di aver, dopo tanto tempo, pensato e desiderato proprio questo all’inizio delle restrizioni ma di non averlo, poi, fatto perché privo di una meta e di uno scopo interessanti.
Alcuni Hikikomori esprimono di sentirsi allegeriti e sollevati dalla situazione attuale in quanto giustificati ed autorizzati dall’esterno, anche se solo momentaneamente e per ragioni diverse dalle proprie, proprio a quei comportamenti di chiusura e ritiro fino ad allora considerati patologici.
I più, tuttavia, sono ben consapevoli della loro condizione e del fatto che, quando, appena possibile, tutti torneranno ad uscire, per loro non sarà così facile e che molto probabilmente non saranno in grado di farlo quanto prima. In altre parole per gli Hikikomori, anche lì dove la loro percezione attuale sia quella di sentirsi, come riferiscono alcuni, meno ‘sfigati’ del solito, non finirà tutto, come per gli altri, al termine dell’emergenza.
Infine, quando tutto tornerà alla normalità si potrebbe verificare la possibilità di un aumento del fenomeno Hikikomori con il permanere in uno stato di maggiore o minore chiusura e ritiro di quei soggetti deboli e fragili che potrebbero sperimentare difficoltà a reinsersi adeguatamente ed efficacemente nella realtà avendo provato i vantaggi secondari dell’isolamento e della reclusione come risposta e soluzione alle proprie problematiche personali.
Dott. ssa Cinzia Cefalo
