Nota anche con il nome di acluofobia o di nictofobia, la paura del buio è una delle fobie più frequenti e diffuse.
Si tratta, in parte, di una reazione difensiva istintiva del cervello rettiliano che, di fronte a ciò che è sconosciuto e che non appare chiaramente, attiva reazioni avverse e di allerta. Che sia notte o giorno l’oscurità è scarsamente tollerata e abbastanza temuta dalla dimensione più primordiale ed atavica della mente.
Nei bambini la paura del buio è piuttosto comune e, a meno che non assuma caratteristiche particolari ed eccessiva intensità, rientra nel naturale e normale processo di crescita ed è, pertanto, destinata a scomparire spontaneamente con il tempo. E’ la classica paura dei mostri che dai 2 ai 7 – 8 anni circa richiede la presenza rassicurante degli adulti per affrontare, di giorno, qualsiasi luogo oscuro e/o per lasciarsi andare al sonno di notte.
In alcuni casi, tuttavia, la nictofobia perdura o si ripresenta in età adulta creando situazioni di forte disagio ed imbarazzo.
Il buio, allora, scatena nei soggetti che ne soffrono ansia, angoscia, attacchi di panico con sintomi quali tachicardia, respiro affannoso, sudorazione intensa, tremori diffusi, ecc.. fino a sensazioni di distacco dalla realtà e percezioni deliranti. Si manifestano, perlopiù, difficoltà ad addormentarsi, disturbi del sonno ed incubi.
L’individuo, come tentativo di risolvere il problema, tenderà a rinviare e a differire il momento di esposizione al buio e a mettere in atto condotte elusive per evitare di rimanerci da solo.
In realtà più che di paura del buio si tratta di paura nel buio, ossia delle minacce e dei pericoli che l’oscurità potrebbe nascondere (aggressioni, rapine, ecc..).
Nei bambini, spesso parte, come già detto, del fisiologico processo evolutivo, tale fobia può innescarsi per imitazione di modelli di riferimento o di pari ansiosi e fobici. Può, inoltre, intensificarsi e cronicizzarsi in seguito ad esperienze negative vissute quali furti in casa, bruschi distacchi ed allontanamenti dalle figure di accudimento (in tal caso finisce per rappresentare una manifestazione del disturbo di ansia da separazione).
E’ bene abituare i bambini al buio sin da piccoli accompagnandoli con degli accorgimenti (ad esempio, mettendo delle lucine nel corridoio) e dei rituali (come il bacio della buona notte e la lettura di una favola) all’addormentamento.
Negli adulti con acluofobia si sono, spesso, riscontrati un attaccamento disfunzionale ai caregiver, precedenti traumi e/o una personalità altamente conflittuale, ossessiva e bisognosa di controllo.
Il buio fuori, soprattutto di notte ma anche di giorno, insieme alla condizione di solitudine, è occasione obbligata di confronto con la propria oscurità interiore, con i propri fantasmi e le proprie ambivalenze.
Nelle situazioni in cui si rende necessario un trattamento, la terapia cognitivo comportamentale, con esposizione graduale, prima immaginata e poi reale, allo stimolo fobico, si dimostra valida ed efficace.
In caso di trauma altrettanto utile è la terapia EMDR.
Nelle situazioni più difficili, può, infine, rendersi necessario un sostegno farmacologico.
Dott.ssa Cinzia Cefalo
