Il termine acrofobia deriva dal greco antico akron (cima o sommità) e phobos (paura) e descrive un eccessivo, irrazionale ed ingiustificato timore dei luoghi elevati.
Si tratta di un disturbo parecchio diffuso, molto più di quel che si crede, che va ben oltre il frequente e comune senso di vuoto e/o vertigine che istintivamente si prova di fronte all’altezza, la cui finalità è quella di proteggerci dal non cadere e farci male.
Nel caso dell’acrofobia ascensori, balconi, terrazze, edifici elevati, montagne russe, ecc…, tutti i luoghi, insomma, posti ad una certa altezza diventano terribili incubi in grado di scatenare in chi ne soffre reazioni intense di disagio ed ansia fino, nei casi più gravi, a veri e propri attacchi di panico.
Il soggetto vive uno stato di forte angoscia e terrore e prova sintomi come tachicardia, tremori, spasmi muscolari, sudorazione, affanno, ecc…
Con il tempo, inoltre, la persona impara ad evitare luoghi e situazioni probabile fonte di sofferenza per lui, spesso a scapito, tuttavia, della sua libertà personale, con ripercussioni, a causa di limitazioni ed impedimenti che si autoimpone, sulla sua vita quotidiana nella sfera lavorativa, sociale, relazionale, ecc…
In alcuni casi l’acrofobia fa parte di un quadro psicopatologico più ampio e complesso come nel caso, ad esempio, di individui con problematiche di ansia o disturbo ossessivo – compulsivo.
Tra le cause alla base dell’insorgenza dei sintomi si annoverano esperienze traumatiche nel passato quali incidenti, cadute, ecc..
Il trattamento può avvenire attraverso tecniche come il biofeedback o la desensibilizzazione sistematica che trattano la fobia attraverso l’esposizione graduale, prima immaginata e poi reale, alle situazioni temute.
In alcuni casi può rendersi necessaria anche una psicoterapia ad approccio cognitivo comportamentale o strategico che approfondisca, attraverso un lavoro su di sé, le origini e le ragioni del comportamento problematico.
Nel caso di esperienze pregresse particolarmente forti e difficili da superare è utile ed indicata la tecnica EMDR che, tramite la stimolazione bilaterale alternata dei movimenti oculari, lavora sulla rielaborazione del ricordo traumatico.
Dott.ssa Cinzia Cefalo
