Il termine inglese revenge porn, traducibile in italiano in pornovendetta, indica il fenomeno di condividere pubblicamente, sul web o sui social network, immagini e/o video ad esplicito contenuto sessuale senza il consenso dei protagonisti, a volte addirittura ignari di essere stati immortalati negli scatti o filmati.
Più spesso, invece, il materiale a sfondo sessuale (fotografie di nudo, pose pornografiche, riprese durante il rapporto intimo, ecc..) viene realizzato nell’ambito di un’abitudine oggi tanto diffusa quanto pericolosissima, in quanto espone, appunto, ai rischi del Revenge porn, chiamata sexting: si tratta della creazione, per uso privato ed interno alla coppia, e dell’invio al partner di contenuti sessuali tramite cellulare o altri mezzi informatici.
Questi, una volta terminata la relazione, possono venire messi in rete da ex coniugi, compagni e fidanzati arrabbiati e senza scrupoli, principalmente a scopo di vendetta e/o estorsione.
L’obiettivo di chi compie un’azione di Revenge porn è quello di punire ed umiliare l’altro che lo ha lasciato e/o tradito o provare a controllarlo e ricattarlo sulla base della sua passata condotta sessuale.
A causa di facili ed incessanti condivisioni, la diffusione è rapida, capillare e virale con effetti devastanti per chi, non consapevole e senza alcuna intenzione, ne rimane coinvolto.
La vittima, infatti, esposta alla gogna sociale, vede violata la sua sfera intima e privata e lesa sua immagine e dignità con ripercussioni e condizionamenti gravissimi nelle relazioni sociali e in ogni ambito della sua vita (ad esempio nel contesto lavorativo).
Le reazioni più comuni di chi subisce un atto di Revenge porn sono di disperazione, con vissuti di angoscia, panico ed impotenza, ed esasperazione di fronte alla difficoltà a controllare e ad interrompere la diffusione di quanto pubblicato.
Il soggetto vive una condizione tipica di disturbo da stress post – traumatico con ansia e depressione e, nei casi estremi, arriva a tentare il suicidio visto come unica possibile soluzione per uscire da una situazione fortemente ingestibile ed insopportabile.
Numerosi i casi di cronaca di suicidi come quello di Tiziana Cantone nel 2016 a Napoli.
Il Revenge porn è considerato, per gli effetti psicologici che produce in chi ne è oggetto, una forma di abuso sessuale, psicologico e di violenza domestica e di genere (a esserne colpite sono soprattutto le donne!).
Cosa fare se si è vittima di Revenge porn?
Per prima cosa raccogliere prove (foto, schermate con URL visibili, data e autore della pubblicazione, ecc…).
Successivamente, segnalare al gestore del sito o del social network subito quanto accaduto per ottenere la rimozione dei contenuti da internet.
Infine, rivolgersi a un avvocato per far valere il proprio diritto alla privacy e per punire il responsabile.
Oggi il Revenge porn è considerato un reato in molti paesi (Canada, Israele, Giappone, Regno Unito, Malta e USA).
In Italia, dove fino a poco tempo fa veniva ricondotto a reati come la molestia, la violazione della privacy, la diffamazione e l’istigazione al suicidio, dal 2 Aprile del 2019, anche in seguito al caso della parlamentare Giulia Sarti, la diffusione di immagini e video a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso dell’interessato è punita penalmente con il carcere fino a sei anni e sanzionata con una multa fino a quindicimila euro. La pena è maggiore se a pubblicare e a condividere è l’ex fidanzato, il coniuge, ecc.., una persona, cioè, a cui l’individuo è stato sentimentalmente legato.
Inoltre, la legge prevede che intervento sia efficace, immediato e tempestivo: dal momento della denuncia il PM è obbligato a sentire la persona offesa entro 3 gg. dall’iscrizione della notizia di reato.
Tuttavia, punire dopo che il fatto è avvenuto non basta! E’ essenziale provvedere, in un’ottica preventiva, ad un’adeguata educazione emotiva, soprattutto dei giovani, i maggiori fruitori dei nuovi mezzi di comunicazione, al rispetto dell’ intimità e della privacy dell’altro e a una corretta gestione della propria nonché del proprio corpo e della propria sessualità.
Occorre, inoltre, far apprendere l’importanza di un uso responsabile e consapevole di internet e dei social in quanto strumenti potenti potenzialmente anche pericolosi.
Dott.ssa Cinzia Cefalo
