Mille volti, nessuna identità. Il camaleonte sociale

La realtà è che siamo un po’ tutti camaleonti sociali: ognuno di noi, ogni giorno, tende a modificare e a conformare, continuamente, il suo comportamento in funzione dell’ambiente esterno con il fine di fornire un’immagine di sé desiderabile socialmente.

Abbiamo costantemente bisogno di essere accettati ed approvati dagli altri nei confronti dei quali, timorosi di critiche e giudizi, vogliamo fare una buona impressione. A tal scopo, indossiamo maschere e ci mostriamo attraverso veli e filtri nelle relazioni quotidiane.

Essere autentici e trasparenti è veramente difficile!

Avvertiamo ogni giorno la necessità di omologarci e di allinearci a modelli e schemi che ci vengono proposti dalla società per la paura di non essere riconosciuti, di non integrarci, di deludere e tradire le aspettative di altri per noi importanti, per la preoccupazione di essere considerati incapaci, inadeguati e non all’altezza del compito e/o della situazione o, ancora, per la necessità di attirare l’attenzione e di avere successo pubblicamente.

Un modo di funzionare nell’interagire con gli altri, il nostro, sapientemente illustrato in passato da autori come Pirandello, nella sua celebre opera ‘Uno nessuno centomila’, e Moravia, ne ‘Il conformista’, e che oggi appare influenzato ed amplificato da una società digitale, tecnologica ed iperconnessa e da una cultura sempre più del conformismo e dell’apparenza.

In alcuni casi, tuttavia, tali aspetti, comuni e frequenti in tutti noi, utili e funzionali all’adattamento sociale e alla convivenza con gli altri, indicativi, perlopiù, di flessibilità e plasticità individuale, vengono espressi all’eccesso fino ad arrivare, attraverso l’adozione di una perfetta mimesi comportamentale, ad un’adesione totale ed incondizionata alle richieste del contesto e alle sue norme, valori e codici.

I camaleonti sociali sono individui insicuri e con bassa autostima che nascondono e distorcono i propri sentimenti, le proprie emozioni ed opinioni e scelgono, più o meno intenzionalmente, di agire sempre nel modo più giusto ed adeguato alla circostanza ma, di spesso, del tutto impersonale e privo di soggettività.

Vivono una vita continuamente sotto pressioni interne ed esterne nell’estenuante e faticoso lavoro di compiacere ed accontentare gli altri.

Portata all’estremo tale condizione riflette una vera e propria assenza di identità e produce conseguenze quali autoframmentazione, perdita della dignità e del rispetto per sé (la persona arriva ad annientarsi, a umiliarsi, a ricorrere a sotterfugi, bugie ed inganni) nonché difficoltà relazionali (i rapporti con gli altri sono puramente di facciata, falsi e superficiali).

Finiscono per prevalere, nel soggetto, i molteplici personaggi che abilmente agisce e mette in scena nei vari contesti a discapito, però, dell’autenticità della persona.

Un esempio famoso di camaleonte sociale è Zelig, il protagonista dell’omonimo film di W. Allen del 1983, dal quale ha preso nome anche una sindrome che in psicologia descrive questo fenomeno.

Zelig, privo di una personalità propria, imita chiunque e trasforma continuamente la sua identità sulla base del contesto in cui si trova.

Secondo lo psicologo B. Bettelheim, presente nel film nel ruolo di se stesso, Zelig è l’immagine proiettata degli altri, un’immagine che restituisce agli altri la propria immagine. In altre parole, uno specchio vuoto su cui riflettere un’identità non propria ogni volta diversa.

Dott.ssa Cinzia Cefalo

Immagine dal web

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