La competizione negativa. La sindrome di Procuste

La Sindrome di Procuste porta chi ne è affetto ad assumere un atteggiamento, più o meno apertamente, ma spesso anche in modo subdolo e velato, aggressivo, rancoroso ed ostile verso chi considera migliore e/o ha più successo come conseguenza di forti sentimenti di invidia e disprezzo nei suoi confronti.

Si tratta di una competizione negativa che si traduce in azioni di giudizio, critica e svalutazione verso l’altro, percepito come pericolo e minaccia per se stessi, azioni miranti, da un lato, a sminuirlo ed umiliarlo, dall’altro ad attaccarlo e boicottarlo attraverso mosse che lo ostacolino, lo limitino e lo discriminino.

L’individuo con Sindrome di Procuste vive in uno stato angoscioso e logorante, perennemente sulla difensiva e nel continuo timore di essere superato, scavalcato o sostituito da qualcun altro.

La persona, altamente competitiva ed arrivista ma, spesso, frustrata ed insoddisfatta di sé, con, non di rado, scarsa autostima ed accentuate caratteristiche di egocentrismo e narcisismo, si presenta come ossessionata dal confronto con l’altro e con l’unico obiettivo di annullare e annientare chiunque possa apparire meglio di lei. A tal fine arriva a manipolare e a distorcere la realtà esterna a suo piacimento e vantaggio attraverso azioni scorrette, inganni e bugie.

Nella mitologia greca, Procuste era un locandiere che tagliava, quando troppo lunghi, o allungava stirandoli quando troppo corti, gli arti dei suoi ospiti nel sonno per farne combaciare le misure con quelle del letto in cui li faceva dormire.

Gli individui con Sindrome di Procuste si riconoscono per le seguenti caratteristiche:

  • intolleranza verso chi è diverso e ha pensieri differenti,
  • rigidità ed inflessibilità delle proprie idee,
  • resistenza al cambiamento,
  • atteggiamenti di imposizione, prepotenza e prevaricazione nei rapporti interpersonali come meccanismo difensivo compensativo di fragilità ed insicurezze interiori,
  • assenza di spirito di cooperazione, collaborazione ed empatia,
  • difficoltà ad ammettere i propri errori (sono solo gli altri a sbagliare),
  • tendenza a voler fare tutto loro e da soli per dimostrare le loro capacità (incarichi affidati a altri e non a loro vengono vissuti con fastidio e rancore).

Come affrontare e sopravvivere a una persona del genere?

È necessario, innanzitutto, capire che il suo atteggiamento nasconde delle grosse difficoltà soggettive con cui non dobbiamo assolutamente colludere. Evitiamo, in altre parole, di cadere nella trappola perché, tanto brava a far sembrare gli altri inetti, inadeguati e/o incapaci, è lei il problema e non noi.

Quando la situazione diventa veramente ingestibile, conviene, se possibile, allontanarsi in fretta e tagliare i rapporti con un individuo del genere.

Nelle situazioni in cui questo non sia fattibile, piuttosto che farci sottomettere ed annientare, facciamo capire all’altro che siamo consapevoli del suo ‘gioco’ e in grado di guardarcene e/o parteciparvi a carte scoperte, se pur cercando di declinare le sue modalità poco corrette.

In ogni modo, la competizione non va demonizzata a priori: quando è leale ed onesta, il confronto con l’altro può essere occasione sana e positiva di stimolo e di crescita per ognuno di noi.

Dott.ssa Cinzia Cefalo

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