
La teoria delle finestre rotte considera la criminalità un fenomeno in gran parte determinato ed influenzato dall’ambiente circostante e, proprio per questo, in grado di diffondersi facilmente in modo epidemico, per semplice ‘contagio’.
Nel 1969 il Prof. P. Zimbardo, nell’ambito di un esperimento sociale, lasciò abbandonate due automobili identiche per marca, modello e colore, una nel povero e popolare quartiere del Bronx a New York e un’altra nella ricca e tranquilla città californiana di Palo Alto.
Nel primo caso la vettura fu, quasi immediatamente, smontata e derubata mentre nel secondo rimase intatta per giorni. Dopo una settimana, tuttavia, anche l’automobile lasciata a Palo Alto subì la stessa sorte: quando, infatti, gli studiosi ruppero, a scopo sperimentale, un finestrino, ebbero inizio gli stessi atti vandalici compiuti nel Bronx.
Negli anni successivi J. Q. Wilson e G. L. Kelling eseguirono con successo altre sperimentazioni confermando la teoria secondo la quale il disordine e l’incuria ambientale (ad esempio accumulo di rifiuti e sporcizia, imbrattamento di muri con scritte e graffiti, ecc…) hanno l’effetto di creare criminalità aggiuntiva e comportamenti antisociali come furti, rapine, ecc…
Per fare un esempio, se un edificio ha una finestra spaccata e nessuno provvede a ripararla, è presumibile che, di lì a poco, ne venga rotta una seconda, successivamente una terza e così via. L’edificio, abbandonato al degrado, potrebbe, a questo punto, e spesso ciò avviene, diventare luogo di spaccio, di traffici illeciti o di altri atti di delinquenza.
Un ambiente poco curato e deteriorato trasmette idee di disinteresse, menefreghismo, non curanza, assenza di leggi e regole di convivenza sociale e legittima, nella convinzione che si può fare ciò che si vuole, alla deresponsabilizzazione e alla trasgressione. Al contrario un ambiente pulito e curato porta il singolo alla tutela e al rispetto di esso.
Nel condizionare il comportamento del singolo entrano in gioco diversi fattori tra cui la necessità, maggiore o minore a secondo che il contesto sia più o meno controllato, regolato e normato, di conformarsi alle aspettative sociali e, quindi, il bisogno di non discostarsi con il proprio comportamento da esse (in altre parole il non farsi riconoscere).
Piccole infrazioni non sanzionate, inoltre, aumenterebbero, per il fenomeno di emulazione delle condotte rimaste impunite, la probabilità di infrazioni più gravi producendo un’escalation di antisocialità.
Per contro, il controllo della microcriminalità (quale la lotta al vandalismo) ridurrebbe la probabilità di crimini più gravi. Fu questa la politica portata avanti con tolleranza zero negli anni 90 dal sindaco Giuliani che, sanzionando pesantemente piccole violazioni sociali (come il graffitismo) riuscì a ristabilire ordine e legalità nella città di New York .
La prevenzione della criminalità dovrebbe, secondo tale teoria, partire, in modo piuttosto semplice, dal basso, contrastando il diffondersi anche e soprattutto di quelle che sembrano le azioni antisociali ed illegali più piccole e meno gravi.
Dott.ssa Cinzia Cefalo