Mettere o essere messi in panchina. Il benching

Benching è un termine inglese usato per indicare, in senso figurato, l’azione, nei rapporti interpersonali, del mettere in panchina.

Come il ghosting, il zombieing e l’orbiting, di cui ho già parlato in altri articoli, è un fenomeno sociale e relazionale diffusosi, specie nei millennials, ai tempi dei social.

Iniziamo col dire che il benching si può agire o subire. In altre parole, si può essere autori o vittime di benching.

Consiste, non tanto, come il ghosting, nello sparire completamente, ma nel mantenere un rapporto con l’altro in maniera incostante e discontinua indugiando nei contatti e nelle frequentazioni.

Il bencher, regolarmente, si fa vivo e sparisce a suo completo piacimento: telefona sporadicamente, non sempre risponde a chiamate e messaggi, si rende disponibile in alcuni attimi per essere totalmente irraggiungibile ed inaccessibile in altri, ecc…

Alterna momenti di attenzione ed interesse, con promesse, lusinghe e presenza fisica ed affettiva, ad atteggiamenti di assenza, indifferenza e/o rifiuto.

Il suo comportamento è vago, ambiguo, evasivo ed elusivo, per niente trasparente, spesso poco onesto e sincero.

Non di rado capita che, all’interno di relazioni di tipo amoroso, frequenti contemporaneamente più persone, a volte persino vecchi ex.

Sì perché, se il benching può riguardare ogni tipo di rapporto, è nelle relazioni sentimentali che tende maggiormente a manifestarsi come modalità di flirtare senza impegni.

In questi casi il soggetto continua a stare con il partner ma con un atteggiamento indeciso, incerto e altalenante. Temporeggia e divaga, insomma, su ogni cosa che riguarda il rapporto.

In alcune situazioni può trattarsi di una scelta consapevole, condivisa da entrambi i componenti della coppia.

Il più delle volte, invece, è un gesto messo in atto da un individuo nei confronti, e ai danni, di un altro.

Le motivazioni possono essere molteplici:

– non volere legami significativi,

– essere incapaci di rompere la relazione e dire basta anche quando le cose non vanno come si vorrebbe,

– aver paura di perdere l’altro definitivamente,

– tenere il piede in due scarpe mantenendo una possibilità e, contemporaneamente, non perdendo altre occasioni.

Si tratta, in quest’ultimo caso, di un atteggiamento egoistico ed opportunistico che tiene aperte in parallelo più strade, magari per non rimanere da soli e/o in attesa di trovare di meglio.

All’estremo si rivela come il gioco perverso e crudele di un abile narcisista che, privo totalmente di empatia, seduce e manipola l’altro, tenendolo sulle spine, un gioco perpetuato con l’intenzione di mantenere vivo l’interesse nei propri confronti e di confermare, in tal modo, all’interno di una relazione superficiale e di potere, se stesso e il proprio senso di onnipotenza.

L’altro che cade nella trappola, continuamente appeso e in condizione di perenne attesa, finisce, per diventare uno spettatore passivo, dipendente, in tutto e per tutto, dalle intenzioni e dalle mosse del bencher.

Di fronte a tanta incertezza la vittima sperimenta frustrazione ed ansia e si sente profondamente svalutata (si considera solo un ripiego, si vede costretta a elemosinare attenzione ed interesse, ecc…). Frequentemente, tuttavia, rimane bloccata e fissata nel farsi volere ed accettare a tutti i costi dall’autore del benching.

Per poter fronteggiare un’azione di benching, tuttavia, è indispensabile, al contrario, saper assumere un atteggiamento attivo ed assertivo, capace di mettere la giusta distanza tra sé e l’altro e, quando necessario, di chiudere la relazione.

Alla base di un comportamento adeguatamente più deciso e risoluto, però, c’è sempre una buona dose di autonomia ed autostima personale, obiettivo verso cui protendere e lavorare se non se ne possiede abbastanza.

Dott.ssa Cinzia Cefalo

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Immagine dal web
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