Mio figlio non parla con gli estranei. Il mutismo selettivo

   Il mutismo selettivo consiste in un’assenza totale della parola in un soggetto in età evolutiva solo in determinate e specifiche situazioni sociali (come ad esempio a scuola e/o in presenza di estranei) e non in altre.

La diagnosi, che per essere fatta deve presentare il sintomo per almeno un mese, è, comunque, differenziale rispetto all’autismo, condizione psicopatologica in cui la persona non parla con nessuno in nessuna circostanza.

L’uso del linguaggio, nel caso del mutismo selettivo, rimane, invece, inalterato ed appropriato in alcuni contesti (a casa e/o con familiari o persone con cui il bambino si sente a suo agio). Il suo sviluppo e la sua comprensione risultano, inoltre, del tutto adeguati.

Non ci sono, perlopiù, condizioni, come presenza di ritardo mentale, disfunzionalità organica, disturbi psichiatrici o della comunicazione (quali la balbuzie), tali da spiegare la costante incapacità di parlare dell’individuo.

   Il DSM 5, il manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali, classifica il mutismo selettivo tra i disturbi di ansia.

Pur provando, infatti, un forte desiderio di parlare, il bambino, in alcune circostanze, prova timore, vergogna ed imbarazzo nel farlo e, come conseguenza di un forte stato emotivo di carattere ansioso, si chiude nel mutismo assoluto.

Una condizione di elevata apprensione e turbamento interiore finisce per bloccare totalmente la parola e produce immobilismo ed inespressività.

Il bambino tende a ritirarsi, a nascondersi dagli altri e, quando questi gli parlano, evita il contatto oculare ed inibisce qualsiasi reazione espressiva di natura emotiva.

   Nel 1877 il medico tedesco Kussmaul parlò di ‘asphasia voluntaria’. Nel 1934 l’inglese Tramer introdusse, invece, la definizione di ‘mutismo elettivo’ per indicare la scelta deliberata da parte di alcuni bambini di non parlare in certe circostanze e con determinate persone.

Nel 1994 il DSM 4 sostituì il termine ‘elettivo con quello ‘selettivo’, eliminando la componente di opposizione ed intenzionalità con cui il disturbo era stato connotato in passato.

   Il mutismo selettivo si osserva nei bambini molto piccoli, già a partire dai 2 – 3 anni, anche se la possibilità di riconoscerlo con certezza arriva, spesso, solo più tardi, non di rado con l’ingresso alla scuola materna o, addirittura, elementare.

Frequentemente la diagnosi è tardiva quando l’atteggiamento è già consolidato ed è più difficile intervenire. Inizialmente può, infatti, essere scambiato per riservatezza, timidezza o, persino, per oppositività e testardaggine.

   Il disturbo causa gravi conseguenze e serie ripercussioni nella vita del bambino, ad esempio influisce negativamente sul rendimento scolastico e sulle relazioni sociali.

   In passato, erroneamente, si è ritenuta come causa del mutismo selettivo un’esperienza di abuso o altri tipi di trauma e/o presunti conflitti psicologici.

   Se non adeguatamente curato il problema può persistere fino a tardi ed assumere la forma di altri disturbi in età adulta.

   Il trattamento psicoterapeutico mira a lavorare sull’autostima del bambino e sulle sue relazioni sociali.

Vengono utilizzate tecniche cognitivo comportamentali, come il rinforzo positivo dei tentativi da parte del soggetto di verbalizzare, la desensibilizzazione sistematica (la stimolazione dell’azione linguistica in contesti e in situazioni all’inizio più tranquilli e meno ansiogeni), ecc…

Può essere usata pure la playtherapy.

Ai fini della risoluzione del problema appaiono fondamentali anche il sostegno alla famiglia, attraverso incontri di terapia familiare, e il coinvolgimento della scuola e degli insegnanti.

Dott.ssa Cinzia Cefalo

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