La rage room. La stanza della rabbia

   Nata in Giappone a Tokyo nel 2008 e attualmente molto diffusa anche in America, la Rage Room, letteralmente stanza della rabbia, è arrivata a fine aprile scorso anche in Italia.

Ma vediamo precisamente di cosa si tratta e a cosa serve.

 

La Rage Room consiste in un locale, solitamente piuttosto disadorno e spoglio, dalle pareti essenziali e nude, dove si entra, previa prenotazione e pagamento, per rompere tutto ciò che vi è contenuto (bicchieri, piatti, vasi, bottiglie ma anche TV, stampanti, arredi da ufficio, ecc..).

Munito di un set di protezione (tuta, guanti, elmetto ed occhiali) il soggetto viene fornito di un’arma(ad esempio una mazza da baseball) con cui può liberamente scagliarsi su ciò che vuole dando libero sfogo, con enfasi ed energia, accompagnato, se lo ritiene necessario, da grida, alla sua rabbia.

 

A Legnano, nel Nord Italia, la prima esperienza di tale genere nella nostra penisola, per minimo 35 Euro si può accedere alla stanza, massimo due persone alla volta, per 15 minuti con la possibilità di scegliere un sottofondo musicale e di videoregistrare le proprie azioni distruttive.

 

La Stanza della Rabbia nasce dall’esigenza di scaricare, in un luogo protetto per sé e per gli altri, socialmente approvato e regolamentato (con tanto di norme di comportamento e di tariffario), la tensione emotiva accumulata e di liberarsi della rabbia in contesti culturali, come quelli del Giappone, altamente stressanti e competitivi già a partire dal sistema scolastico, dove la tendenza è quella di reprimere ed inibire qualsiasi espressione e manifestazione emotiva negativa.

 

Ben consapevoli, ormai, del ruolo della rabbia repressa nella genesi di molti disturbi psicofisici, alcuni anche piuttosto gravi, un’esperienza del genere assume un’indubbia funzione catartica.

Esprime, tuttavia, una soluzione di primo livello, un po’ troppo semplicistica e superficiale che di fronte alla rabbia, emozione piuttosto complessa e delicata da affrontare, lascia aperti non pochi e non trascurabili problemi.

Primo tra tutti, scaricare la rabbia non equivale sicuramente a risolvere la situazione problematica lì dove, in tale modo, non si ha la possibilità di rimuovere le cause che la determinano, cause di natura individuale e personale ma anche relazionali e, molte volte, sociali. Al di là del senso di alleggerimento e distensione istantaneo serve, quindi, veramente a poco.

L’idea che veicola è, inoltre, quella della rabbia come qualcosa di negativo, dagli effetti esclusivamente distruttivi, di cui diviene necessario sbarazzarsi velocemente e semplicemente. Paradossalmente tale idea finisce per rinforzare la concezione secondo la quale si tratta di un’emozione socialmente disapprovata che ci rende cattivi, da nascondere e non mostrare neanche a se stessi.

 

Da un’altra prospettiva è possibile, invece, pensare alla rabbia come a un’opportunità per la persona di acquisire maggiore conoscenza e consapevolezza di sé, delle sue capacità e dei suoi limiti, di crescere e maturare nella comprensione ed accettazione di sé e nell’abilità di gestire in positivo un’emozione tanto difficile quanto, come tutte le altre d’altronde, arricchente.

Dott.ssa Cinzia Cefalo

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