Quando la dieta diventa ossessione e fanatismo. L’ortoressia

   La cura dell’alimentazione è una buona pratica quotidiana necessaria per un corretto e salubre stile di vita, soprattutto nella nostra società moderna, dove la grande disponibilità di cibo e la sofisticazione alimentare ci inducono, spesso, a sgarri ed eccessi mettendo fortemente a rischio la nostra salute.

Tuttavia, nel caso dell’ortoressia essa diventa una vera e propria ossessione con un’attenzione abnorme ed eccessiva per la dieta e e per la scelta di cibi sani e ‘puri’.

Dal greco ‘orthos’ (corretto) e ‘orexis’ (appetito), il termine ortoressia indica una selezione ossessiva e maniacale degli alimenti assunti.

 

   Il DSM 5 non parla esattamente di ortoressia ma, in senso più ampio, di disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo.

In assenza di condizioni di mancata disponibilità di cibo o di pratiche culturali specifiche e di altri disturbi mentali e/o condizioni mediche, il soggetto affetto da tale disturbo manifesta, secondo il manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali, apparente mancanza di interesse per il mangiare o per il cibo, evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali di quest’ultimo nonché preoccupazione relativa alle conseguenze negative del modo in cui si nutre.

L’ortoressia ricadrebbe in tale quadro sintomatologico generale condividendone l’incapacità da parte dell’individuo di soddisfare adeguatamente attraverso la dieta le sue necessità nutrizionali e/o energetiche.

   A differenza di altri disturbi dell’alimentazione l’ortoressia si caratterizza per l’accento  posto dalla persona sulla qualità, e non sulla quantità, di ciò che mangia.

Il problema non è la paura di ingrassare, come ad esempio nell’anoressia, ma il desiderio di essere sani e puri.

Ad essere distorta non è la percezione del corpo ma quella delle proprietà del cibo, basata spesso su credenze false ed infondate.

L’individuo, inoltre, sembra quasi completamente ignorare e disinteressarsi al gusto degli alimenti: l’aspetto del piacere e la dimensione affettiva sono totalmente assenti nella nutrizione dell’ortoressico.

   Il cibo diviene, tuttavia, il focus centrale dell’esistenza del soggetto: quest’ultimo passa gran parte del suo tempo in una ruminazione ossessiva su di esso, continuamente alle prese con idee persecutorie sul rischio di contaminazione ed incessantemente impegnato allo studio delle sue proprietà, alla sua ricerca e alla sua preparazione.

La persona con ortoressia si autoimpone regole alimentari restrittive rigidissime alle quali diventa impossibile trasgredire, se non provando senso di colpa, rabbia, depressione e conseguente inasprimento delle stesse.

   Attraverso una sorta di fanatismo alimentare l’individuo cerca di raggiungere un controllo ossessivo e maniacale su di sé e un’idea di perfezione e purezza funzionale al mantenimento della propria autostima.

Si instaura, a questo punto, un pericoloso circolo vizioso che alimenta, pur se utilizzato proprio allo scopo di placarla, l’insoddisfazione personale, rendendo difficile al soggetto uscirne.

   Le conseguenze sul piano fisico sono una significativa perdita di peso (nei bambini si assiste a incapacità di raggiungere un peso adeguato alla corrispondente età o crescita discontinua) e gravi carenze nutrizionali, con necessità, a volte, di ricorrere a supplementi ed integratori alimentari orali.

   In ambito relazionale la persona è spesso isolata e derisa proprio per le abitudini dietetiche che si ostina a difendere ad ogni costo.

L’ortoressico arriva a sviluppare un atteggiamento di superiorità e disprezzo verso gli altri che non lo capiscono, non mangiano, e per lui quindi non sono, sani e ‘puri’ come lui.

   Il trattamento prevede un approccio educativo sullo stile alimentale con la collaborazione di medici e dietisti nonché una psicoterapia finalizzata a lavorare su aspetti affettivi (la percezione, l’elaborazione e la gestione delle emozioni), cognitivi (l’autostima) e relazionali di sé.

Dott.ssa Cinzia Cefalo

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