La puerofobia, o pedofobia o, ancora, bimbofobia, indica atteggiamenti e sentimenti di repulsione ed avversione, fino, nelle situazioni al limite, di odio verso i bambini, anche piuttosto piccoli e, persino, neonati.
I soggetti puerofobici provano sensazioni di fastidio, imbarazzo, ansia e disgusto nei confronti dei cuccioli umani, considerati come rumorosi, invadenti, maleducati, seccanti e sgradevoli per le grida, i pianti e gli schiamazzi e a causa della loro vivacità emotiva e comportamentale in genere.
Gli individui che soffrono di pedofobia non tollerano, inoltre, il bisogno dei più piccoli di dipendere in tutto e per tutto dagli adulti e le continue attenzioni che, per questo, richiedono.
Molte sono le persone, pur senza dover ricorrere a casi tanto eclatanti ed estremi, che non solo non desiderano avere figli propri, ma che non sopportano totalmente i bambini, anche quelli degli altri.
Gli atteggiamenti puerofobici sono diventati, oggigiorno, piuttosto comuni e frequenti nella nostra società, una vera e propria tendenza di massa, come d’altronde testimonia, ad esempio, il notevole successo in molte città, alcune delle quali anche europee, di iniziative come le NO KIDS ZONE.
Si tratta di luoghi KIDS FREE, vietati, cioè, ai bambini: caffè, ristoranti, alberghi, spiagge, ecc… dove non è consentito loro l’ingresso. Tutto questo con l’obiettivo di permettere agli adulti (spesso anche ai genitori stessi) di rilassarsi e godere di riposo in santa pace.
In ogni modo, non di rado, i più piccoli sono vissuti dai grandi come un impiccio, un ostacolo, un elemento di disturbo, richiedenti tempo, cure e denaro di cui non si dispone mai a sufficienza.
Si fanno sempre meno figli (e in età più avanzata, con la conseguente minore capacità di tollerarli) e le coppie con bimbi piccoli vengono, spesso, evitate, escluse o in ogni modo malsopportate, anche da amici e parenti.
Quello che si respira è un clima di insofferenza generale verso i bambini.
D’altro canto c’è chi parla di puerofobia come di un reato, al pari dell’omofobia, per gli atteggiamenti discriminatori che comporta verso una categoria, perlopiù, debole ed incapace di difendersi.
Al di là di qualsiasi posizione concettale e teorica, più o meno estrema, tutto ciò, a mio avviso, merita una profonda riflessione.
Dott.ssa Cinzia Cefalo