Come afffrontare e cosa fare del dolore. L’ostrica e la sabbia

   Cos’è il dolore?  A cosa serve la sofferenza? Perché soffriamo?

La risposta alla prima domanda è ovvia e scontata un po’ per tutti: chi, chiudendosi un dito nel cassetto o toccando un oggetto troppo caldo, non ha avvertito una sensazione fisica spiacevole più o meno intensa e, ancora, chi, dopo la perdita di una persona cara o il tradimento di un partner, solo per fare alcuni esempi, non ha provato emozioni e sentimenti negativi come tristezza ed abbattimento? La sofferenza del corpo, così come quella della mente e dell’anima, derivano da questa condizione di dolore fisico ed emotivo.

Per quanto riguarda le successive domande, spesso, invece, ci sfugge il perché del dolore e della sofferenza e ci troviamo, non di rado, a chiederci ‘a quale scopo?’ o anche ‘non sarebbe meglio non soffrire mai?’.

In realtà, il dolore ha una finalità ben precisa: si tratta, infatti, di un messaggio di allarme che ci segnala un pericolo. Esso rappresenta il male minore per evitare danni peggiori: se mi scotto un dito, evito però di bruciarmi l’intera mano o, ancora, se una relazione mi provoca sofferenza significa che mi sto facendo del male nel proseguirla senza attuare i necessari cambiamenti.

Il dolore ci avverte che qualcosa, a livello fisico ed emotivo, non funziona come dovrebbe e ci suggerisce di modificare il nostro comportamento, al fine di ripristinare il nostro stato di benessere psicofisico. Nel caso di una pentola che scotta, l’istinto mi porterà a ritirare la mano e, successivamente, penserò di prendere una presina per poterla toccare o spostare.

Anche le situazioni emotivamente dolorose (liti, conflitti, ecc.) producono atteggiamenti di ritiro, fuga, distacco nonché cambiamenti a livello cognitivo, emotivo e comportamentale.

E’ solo nell’affrontare il dolore, inoltre, che troviamo la soluzione ad esso. Nel ‘passarci nel mezzo’, per poter uscire dal ‘tunnel’, troviamo indicazioni e suggerimenti  per il futuro.

Il dolore è, quindi, funzionale all’apprendimento: la prossima volta che dovrò prendere una pentola ricorderò di essermi scottato e userò le dovute precauzioni da subito così come imparerò a tenermi a distanza o a saper gestire ciò che emotivamente mi fa soffrire.

Il dolore, perciò, permette l’acquisizione di capacità, abilità e competenze affettive, cognitive, relazionali e comportamentali.

 

A tal proposito trovo utile utilizzare la  metafora dell’ostrica.

Forse non tutti sanno come si forma una perla.

Essa nasce, in realtà, da un’ostrica ferita. Si tratta, infatti, del prodotto di una ferita cicatrizzata.

All’interno della conchiglia, l’ostrica possiede la madreperla, una sostanza che la protegge dalle intrusioni. Quando una sostanza estranea, come un granello di sabbia o un parassita, riesce ad entrare nella conchiglia ferendola, l’ostrica, per evitare danni letali al suo corpo molle e delicato, va a ricoprire l’intruso con vari strati di madreperla. Si forma così la perla.

Si tratta di un complicato processo che trasforma la causa di una condizione iniziale di dolore e sofferenza  in un prodotto di ineguagliabile valore e straordinaria bellezza.

   Concludo, quindi, affermando che l’elaborazione del dolore ha insito in sé un  enorme potenziale di crescita e rinnovamento: affrontare, piuttosto che evitare, la sofferenza, sfidarla e darle un senso portano a  maturare e a rafforzare aspetti importanti di sé.

Dott.ssa Cinzia Cefalo

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