La Sindrome di Stoccolma è un disturbo psicologico particolarmente curioso.
Consiste nello sviluppo di relazioni affettive positive inverosimili tra vittima e carnefice in situazioni di abusi, rapimenti, sequestri, maltrattamenti e/o violenza fisica, verbale e/o psicologica.
Prende il nome da una rapina con sequestro avvenuta in una banca di Stoccolma e passata alla storia perché gli ostaggi, dopo giorni di prigionia, mostrarono, al momento della liberazione da parte della polizia, atteggiamenti di familiarizzazione e di simpatia verso i sequestratori.
Nella Sindrome di Stoccolma i soggetti, dopo un’iniziale reazione di terrore, angoscia e confusione, arrivano a tollerare le violenze e a capire le motivazioni degli aggressori identificandovisi fino a provare, in funzione del tempo che vi passano insieme, sentimenti di alleanza, solidarietà e, addirittura, amore verso di essi.
Si tratta di uno stato di dipendenza psicologica e/o affettiva che conduce la vittima a una sottomissione volontaria al proprio carnefice.
Nelle situazioni più estreme si assiste, persino, a reazioni negative da parte della vittima nei confronti della polizia o dei propri familiari con l’intenzione di tutelare, invece, gli aggressori.
Il fenomeno viene spiegato come una strategia mentale difensiva inconscia che, di fronte a una condizione percepita come fortemente minacciosa per la sopravvivenza e per la propria integrità psicofisica, verso la quale la persona si sente assolutamente inerme ed impotente, consente, attraverso la regressione e l’identificazione della vittima con il carnefice, di limitare il comportamento aggressivo e pericoloso degli aguzzini salvaguardando e preservando la vita.
La conseguenza è, tuttavia, l’annientamento totale della personalità della vittima.
Si rende necessario, in tutti questi casi, un adeguato trattamento psicoterapeutico mirante all’elaborazione del trauma e della violenza subita e alla comprensione dei complicati meccanismi psichici e relazionali sottostanti.
Dott.ssa Cinzia Cefalo